Demi Moore in una scena del film

The Substance e i suoi dettagli

Ieri sera ho visto The Substance, il film di Coralie Fargeat con Demi Moore e Margaret Qualley. Su Detales guardiamo il mondo attraverso i suoi dettagli. Ne ho notati alcuni nel film che credo ci dicano molto sui temi che affronta.

Attenzione: tutto ciò che segue contiene spoiler

The Substance: fra ketchup e sangue

La pellicola si apre con un’inquadratura fissa della Walk of Fame, dove risplende la stella di Elizabeth Sparkle, interpretata da Demi Moore. La scena suggerisce la progressiva decadenza della protagonista, sottolineata dalle crepe visibili sulla sua stella, simbolo di una carriera in declino.

Il punto di svolta di questa decadenza è rappresentato da una macchia di ketchup, lasciata cadere da un ragazzo che passa distrattamente con un hamburger.

La stessa inquadratura ritorna nell’ultima scena: il mostro Elizabeth-Sue, ormai deformata, si trascina sulla stella, guadagnando un sorriso ambiguo, un attimo prima di dissolversi completamente e lasciare una macchia di sangue che richiama la chiazza di ketchup vista all’inizio.

Questo parallelo è ricco di simbolismo. Se il ketchup simboleggia l’indifferenza di un pubblico stanco e disinteressato alla figura di una star in declino, il sangue rappresenta il recupero dell’identità, frutto della sofferenza estrema e della lotta contro l’inevitabile invecchiamento.

La scelta di posare il sangue sulla stella sottolinea come Elizabeth, nella sua disperazione, finisca per danneggiare il proprio lascito. Tuttavia, la scena si conclude con una spazzatrice che rimuove la macchia di sangue, riportando la stella al suo stato originale, crepata ma ancora visibile, quasi a suggerire che anche la fama più splatter e gore è destinata a svanire. Un messaggio malinconico, ma in qualche modo consolante.

Il vicino di casa e lo sguardo maschile

The Substance esplora la pressione costante che le donne subiscono riguardo al proprio aspetto fisico, rafforzata dalla percezione maschile che contribuisce a perpetuare questa ossessione. La figura del produttore Harvey (nome eloquente) incarna questo concetto: con un commento crudele sentito casualmente in bagno, e poi con la decisione di licenziare la ormai ex-star innesca la spirale che porterà Elizabeth alla distruzione.

Anche gli altri uomini del film non si discostano molto da questo schema. Un esempio emblematico è il vicino di casa di Elizabeth. Infastidito dai rumori provenienti dall’appartamento, bussa con tono arrogante, convinto di trovarsi di fronte a Elizabeth. Tuttavia, il suo atteggiamento cambia immediatamente quando apre Sue, la giovane e attraente “versione” della protagonista, che gli comunica che la donna ha traslocato.

Mi ha colpito un dettaglio riguardo questa interazione. Nel film tutti quanti sanno che con il suo nuovo programma Sue sostituisce quello di Elizabeth. E il vicino di casa conosce il programma della giovane ragazza. Possiamo anche immaginare che sappia della fama della sua “precedente” vicina di casa.

Non dovrebbe almeno un po’ insospettirlo il fatto che proprio la ragazza che ha sostituito Elizabeth sul lavoro, l’ha sostituita anche in casa? Si potrebbe interpretare questo elemento come una debolezza della trama. Ma ci ho visto qualcosa in più: l’idea che Elizabeth, invecchiando, diventi progressivamente invisibile, al punto che è sufficiente la semplice presenza di una ragazza più giovane a cancellarla anche dalla memoria del viscido vicino di casa.  

Anche l’ex compagno di classe, apparentemente l’unico uomo decente, finisce per rivelare un atteggiamento simile. Quando il foglietto con il suo numero cade nel fango, decide comunque di consegnarlo sporco a Elizabeth. Un gesto simbolico, che evidenzia come il rispetto per lei sia sempre e comunque legato al ricordo della sua bellezza passata, che ancora vede nella donna, piuttosto che a un reale riconoscimento della sua persona.

L’influenza di Kubrick

Il film è costellato di riferimenti cinematografici, in particolare a Stanley Kubrick. L’occhio della telecamera nello show di Sue ricorda HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio, mentre l’uso del Thus Spoke Zarathustra di Wagner nel finale rinforza questo omaggio. Gli arredi richiamano Arancia meccanica, mentre il corridoio e il bagno riecheggiano chiaramente Shining.

Un dettaglio intrigante è il cognome della protagonista, Sparkle, concettualmente simile al verbo “shine”. Elizabeth possiede un dono, non la “luccicanza” di Danny, ma la bellezza e la fama, sostituiti dalla sostanza stessa.

I punti di contatto fra Elizabeth e il bambino della storia di Stephen King però si fermano qui. Per il resto, infatti, la protagonista assomiglia molto di più a Jack Torrence. I due film, infatti, condividono il vero tema centrale: la solitudine e le estreme conseguenze a cui può condurre.

Scomparendo poco a poco dallo sguardo e dalla memoria di chiunque, soprattutto degli uomini, Elizabeth rimane sola e isolata, covando un risentimento che la porta alle soglie della pazzia. Il culmine è forse  la scena in cui, risvegliandosi dallo switch in bagno, completamente invecchiata dalla negligenza di Sue, scaccia l’uomo che la ragazza aveva portato a casa in una scena che replica e inverte quella iconica di Shining.

Parallelismo fra la scena di the substance e quella di shining

The Substance e il cibo

Il cibo ha un ruolo centrale in The Substance, perché ce l’ha nella vita di ogni donna, e nel rapporto che queste hanno con il proprio corpo. 

In una delle principali sequenze del film Elizabeth continua a cambiare vestiti e make-up mentre si prepara per l’appuntamento con l’ex compagno di scuola. La sua immagine allo specchio, il cartellone pubblicitario ritraente la giovane sé, il suo riflesso sul pomello: ogni cosa continua a ripeterle che il suo aspetto non va bene, che non è abbastanza bella e giovane neppure per uscire di casa. Tant’è che alla fine rinuncia ad andare all’appuntamento. 

A questo punto è nel cibo che la protagonista trova conforto, in particolare in un interno pollo al forno. Si tratta di una scena carica di rilevanza, nonostante non venga mostrata per intero, soprattutto per via delle sue esplicite conseguenze.

Quando è il turno di Sue, infatti, la ragazza non è indifferente alle scelte alimentari dell’alter-ego. La sua preoccupazione per gli effetti che il cibo possa avere anche sul suo corpo, è esemplificata dal passaggio onirico in cui, mentre sta ballando, Sue si spaventa perché crede di aver notato una deformità e, rifugiatisi in camerino, estrae una coscia di pollo dal suo ombelico. 


Non è l’unico riferimento al cibo. Quando Harvard licenzia Elizabeth le regala un libro di ricette francesi. Il gesto mi è sembrato suggerire che, adesso che la donna è fuori dallo show business, può dedicarsi alla cucina, e quindi a mangiare. D’altra parte nella nostra società la cucina è vista come qualcosa di femminile solo superata una certa età. Le donne cuoche sono le mamme, e soprattutto le nonne. Il cuoco giovane, smagliante e televisivo è un cuoco uomo.

Infatti la scena in cui Elizabeth di fatto prepara le ricette del libro è quella di una donna fortemente invecchiata a causa dell’egoismo di Sue. Una donna che proprio durante la preparazione si lascia andare ai suoi feroci commenti da matrigna cattiva contro la giovane principessa intervistata alla tv. 


Eppure in merito al cibo, c’è un altro dettaglio che credo sia rilevante. Il cibo infatti compare prestissimo nel film, con la grottesca abbuffata di gamberetti di Harvey. Tuttavia, a differenza della protagonista, Harvey, in quanto uomo, non deve preoccuparsi di quanto e come mangi. Mentre l’abbuffata di Elizabeth, nel chiuso di casa sua, non ci viene mostrata, quella ripugnante del produttore, consumata in pubblico, viene esaltata da lenti che distorcono il volto del personaggio e da un montaggio ipercinetico.

Harvey non si preoccupa neppure di pulirsi le mani prima di poggiarle sulla giacca di un collega che ha riconosciuto dall’altra parte della sala.

The Substance e la maternità

Elizabeth non è moglie, ma soprattutto non è madre, e non credo che sia un caso. Sue è di fatto figlia di Elizabeth, e non c’è spazio per nessun’altra. D’altra parte i riferimenti a questo rapporto madre-figlia non mancano in tutto il corso della storia. 

Quando Sue, appena assunta, deve spiegare a Harvey che dovrà mancare una settimana sì e una no, inventa la scusa di una madre malata di cui si deve occupare. Siamo sicuri che sia davvero una scusa? 

Durante l’intervista al late show, Sue, cinica, confessa di non aver mai visto il programma di Elizabeth. Tuttavia, rivela che sua madre lo guardava ogni mattina e che quindi in un certo senso è cresciuta anche lei con lo show. Ancora una volta non si tratta al 100% di una bugia.

 
Ma soprattutto il più evidente riferimento al tema della maternità è quello che è a tutti gli effetti il “parto” di Elizabeth. La donna infatti genera Sue dalla sua schiena, prima di venire ricucita proprio dalla sé più giovane appena nata. Un cesareo inverso, perché non genera una nuova vita, ma ne recupera una antica.

Mi è sembrato che con questo richiama alla maternità, il film abbia voluto anche porre l’accento su una scelta dualista di fronte alla quale le donne sono poste: diventare madri o occuparsi davvero di sé e del proprio corpo.

The Substance: un servizio self-service

Infine, ci sono le meccaniche che riguardano tutta l’organizzazione che produce e distribuisce la sostanza. Tutto il processo è anonimo, ogni cosa viene spedita, consegnata, ritirata. Si viene a sapere della sostanza con un passaparola sottile e oscuro. L’unico contatto diretto che la donna ha con qualcuno dell’organizzazione è una voce neutra al telefono che si limita a ammonire e ricordare le regole. 


Inoltre, nel film non viene mostrata alcuna forma di pagamento del servizio.

Questi due elementi mi hanno fatto pensare a un processo ancora una volta profondamente solitario, ma allo stesso tempo inesorabile, del tutto scevro dalle condizioni economiche e sociali di ognuno. L’occasione di utilizzare la sostanze, che viene offerta a qualche fortunato, e tutta l’esperienza che il paziente può vivere, sono lo specchio di un processo che colpisce ogni persona al mondo, senza eccezioni, con particolare intensità per le donne: l’invecchiamento e l’accettazione del decadimento del corpo.

Conclusione

Ci sono molti altri dettagli che sarebbero stati degni di attenzione. Il sangue di fronte alla porta del bagno, per esempio, viene scambiato dal ragazzo che Sue ha portato a casa per  sangue mestruale. Un riferimento alla fertilità e la giovinezza che Sue possiede e che Elizabeth sta inesorabilmente perdendo.

Ma anche il grido della donna nella platea che solo dopo molti secondi rompe l’ipocrisia generale di fronte all’evidenza del mostro. O ancora i commenti oggettificanti dei due uomini al casting e la loro specularità con l’essere mutante; il forte ruolo simbolico dei capelli come simbolo di femminilità…

Ne ho scelti solo alcuni, quelli che mi hanno generato maggiori riflessioni, ma The Substance è il classico film che va rivisto, proprio perché nei suoi dettagli stanno i vari livelli di significato.

Demi Moore in una scena del film
da MUBI

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