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Networking editoriale nelle scelte di Chiara Valerio e Leonardo Caffo

Forse il mondo dell’editoria italiana è dominato da logiche di networking editoriale, molto più che dalla qualità degli scritti o delle questioni etiche. La vicenda di Chiara Valerio, Leonardo Caffo e Più Libri Più Liberi potrebbe averlo dimostrato ancora una volta

I fatti

Chiara Valerio, scrittrice e direttrice del festival della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi decide di invitare al suddetto festival il filosofo e scrittore Leonardo Caffo. Lo fa per parlare del suo ultimo libro ad argomento l’anarchia. Fino a qui niente di strano. Se non fosse che Caffo è indagato per maltrattamento e lesioni aggravate nei confronti della ex ragazza. E che il festival è dedicato alla memoria di Giulia Cecchettin, vittima di femminicido lo scorso anno.

Le conseguenze

Caffo ha rinunciato alla sua partecipazione con una lettera e un post sui social in cui fa appello alla libertà d’espressione. Trascurando però il fatto che nessuno gli abbia impedito di parlare, ma che anzi la presentazione si terrà anche in sua assenza e sarà condotta dalla stessa Valerio.

Quest’ultima, d’altra parte, ha fondato la difesa dalle prevedibili critiche ricevute attorno al garantismo e al principio di presunzione di innocenza. Non essendo Caffo ancora stato condannato è a tutti gli effetti un uomo libero che ha diritto di parlare.

Sulla vicenda si sono espresse anche altre personalità del panorama culturale italiano. Come la scrittrice, giornalista e conduttrice radiofonica Loredana Lipperini che su Instagram ha commentato la vicenda con una certa dose di benaltrismo

Il networking editoriale. Ovvero perché invitare Caffo a Più Libri Più Liberi?

Chiariamolo subito: l’invito di Chiara Valerio a Leonardo Caffo è più che legittimo. Non solo il filosofo è al momento un uomo innocente, ma potrebbe partecipare al festival senza alcun problema di carattere giuridico anche da uomo condannato che ha scontato la sua pena.

Ció che molte persone hanno messo in discussione è l’opportunità dell’invito, non la sua legittimità. Tralasciando il fatto che sul caso Caffo esistono già delle perizie che mettono quanto meno in discussione la sua professione di innocenza, il punto è: cosa giustifica l’invito?

Non metto in dubbio la caratura intellettuale del filosofo, ma facciamo un attimo un esercizio di riflessione. Penso che saremo d’accordo nel ritenere quanto meno improbabile l’ipotesi che la direzione di un festival così importante non abbia tenuto in conto il rischio mediatico dell’invito. Il processo a cui Caffo è sottoposto è cosa nota da anni, e l’autore stesso si era lamentato in passato di come avesse avuto un notevole impatto negativo sulla sua carriera. Inoltre l’invito arriva a meno di un mese dalla data in cui è prevista la sentenza (10 dicembre). Credo sia piuttosto pacifico, quindi, affermare che l’invito sia stato fatto correndo un rischio consapevole, del quale al massimo è stata mal valutata la portata.

Ma ogni volta che c’è un rischio ci deve essere una posta in gioco che lo giustifica. O forse una qualche forma di costrizione?

Perché a questo punto le opzioni sono due:


1. Il libro di Caffo è talmente importante per il panorama intellettuale italiano e internazionale da correre non solo il rischio mediatico, ma anche quello etico di invitare un abuser a una manifestazione dedicata alla memoria di vittima di femminicidio.

2. A giustificare l’invito c’è la posizione del filosofo (Scuola Holden, giornali, tv) e le logiche transazionali del networking editoriale e culturale di questo paese.

Nel primo caso si impone il vecchio dilemma sul rapporto fra l’opera e l’essere umano che l’ha prodotta. E allora la possibile colpevolezza di Caffo non entra neppure in gioco. L’opera e il suo autore sono rilevanti per l’umanità e passano davanti a tutte le nefandezze che può aver commesso la persona. Al massimo, fra trecento anni, quattro Social Justice Warrior abbatteranno le statue di Caffo.

Ma nel secondo caso, una certa intellighenzia avrebbe dimostrato ancora una volta che i contatti e il networking editoriale, contano più di qualsiasi idea e qualsiasi questione etica. Violenza di genere inclusa.

Scegliete voi a quale delle due opzioni credere.

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